CA’ ZORZI IN VENEZIA: INDAGINI CONOSCITIVE PRELIMINARI SUI MATERIALI LAPIDEI DELLA FACCIATA, LO STATO DI CONSERVAZIONE, IDENTIFICAZIONE DELLE PELLICOLE SUPERFICIALI E PRODOTTI DI ALTERAZIONE.
Premessa
E’ stata effettuata una fase di prelievi finalizzata a dare un supporto scientifico indispensabile per affrontare l’intervento di restauro. Ci si è concentrati sugli elementi lapidei in pietra d’Istria principalmente ove si sono riscontrate croste nere, patine di colore giallino-bruniccio, e verdastro nella parte alta, e su tonalità marroncine e rosso cupo nelle parte inferiore. I campioni sono stati prelevati da mensole e cornici in cui era più evidente la presenza di patine e policromie, quasi sempre in zone di sottosquadro, protette in cui tali tracce si sono conservate meglio. Diffuse sono inoltre le croste nere talvolta si presentano sottili ed
uniformi ed a volte con aspetto dendritico.
Per quanto riguarda la pietra d’Istria oltre ai fenomeni suddetti, si è osservato che il materiale presenta fraquentemente un intenso degrado in particolare nelle zone di discontinuità dovute a stiloliti o per degradazione differenziale oppure a causa dell’attacco biologico.
Le metodologie analitiche impiegate sono:
– Studio di sezioni stratigrafiche in microscopia ottica in luce riflessa (L.R.) per la conoscenza della sequenza stratigrafica e osservazione in luce ultravioletta (UV); gli spessori sono misurati in micron, di cui 1m = 0,001 mm. Tutte le sezioni stratigrafiche contengono più frammenti inglobati; pertanto per ogni singola descrizione viene indicato che posizione occupa il frammento sll’interno della sezione stratigrafica; la lettura delle sezioni viene effettuata dal basso (interno) verso l’alto (esterno).
– Studio delle sezioni stratigrafiche significative, in microscopia elettronica a scansione (SEM), corredata da microanalisi EDS, visione in back scattering (B.S. elettroni retrodiffusi) per l’identificazione dei materiali costitutivi e approfondimenti sulla natura del materiale dai punti di vista, compositivo, morfologico
e strutturale;
– Analisi mediante spettofotometria infrarossa con Trasformata di Fourier (FTIR) per l’identificazione di gruppi funzionali di pellicole superficiali.
– Analisi mediante gascromatografia infrarossa abbinata alla spettrometria di massa (GC/MS)per l’identificazione dell’origine delle patine ed eventuali trattamenti di natura organica.
DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
In base ai dati ottenuti si possono fare alcune considerazioni. Sono stati prelevati alcuni campioni finalizzati alla conoscenza della sequenza stratigrafica, la natura compositiva dei materiali impiegati e di trattamento. Per quanto riguarda i campioni prelevati dalla parte alta, ZORZ 1, ZORZ 2, ZORZ 3a, ZORZ 3b, ZORZ 4, sono state effettuate diverse indagini. Per i campioni ZORZ 1, ZORZ 3a, e ZORZ 4, prelevati in corrispondenza di patine con colore variabile dal giallastro al verde marcio, sono state preparate delle sezioni stratigrafiche e osservate in microscopia ottica in luce riflessa ed ultravioletta e mediante microscopia elettronica a scansione (SEM) corredata da microanalisi EDS. I campioni presentano molte analogie:
a) alla base si trova la pietra d’Istria, caratterizzata verso la superficie da un aspetto sgranato, ciò è dovuto alla decoesione dei microcristalli di calcite che la costituiscono.
b) Segue generalmente un livello di colore giallo bruniccio contenente ossalati di calcio; visivamente la pellicola ad ossalati si presenta spesso come una patina marroncina con aspetto traslucido. Mediante l’osservazione al SEM si nota che questo livello appare uniforme e compatto, pertanto si distingue
visivamente; dal punto di vista dell’analisi elementare, in queste zone si rileva principalmente il calcio (come nel carbonato di calcio della pietra).
Pertanto per confermare il dato visivo ed analitico, si è proceduto ad effettuare l’analisi mediante FTIR idonea per l’identificazione dei gruppi funzionali di sostanze organiche ed inorganiche. Infatti è stata rilevata una significativa presenza di ossalati di calcio come weddellite e whewellite, che sono
molto spesso il prodotto di alterazione di un livello di trattamento organico in questo caso, presumibilmente ad olio. Si segnala che data la continua presenza di acqua sulla superficie le croste e le pellicole si presentavano molto ammorbidite e di facile rimozione.
c) Procedendo nella sequenza stratigrafica, si trova poi una scialbatura costituita da carbonato di calcio, ocra gialla, ocra rossa, terre brune, terra verde e bianco di bario.
Tutti i pigmenti impiegati sono di tipo tradizionale ed adoperati in ogni epoca, ad eccezione del bianco di bario che venne introdotto nella tavolozza dei pittori a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. Si ricorda inoltre che il solfato di bario esiste anche in natura come minerale, con il nome di barite
o baritina.
E’ un pigmento molto stabile inalterabile dall’azione degli agenti atmosferici, di acidi e basi, ha uno scarso potere coprente e tende a diventare grigiastro nelle tecniche a olio.
E’ decisamente più adatto per le tecniche ad acqua. Per questi motivi è stato impiegato spesso, sopratutto in tempi moderni, come additivo mescolato ad altri pigmenti, come sembra possa essere nel nostro caso.
Nel corso del XIX secolo questo pigmento è stato sostituito da bianco di zinco. Vi sono testimonianze riguardo alla limitata diffusione del pigmento anche a causa del costo elevato della manifattura come riportato in una memoria di F.Kuhlmann di Lilla, industriale chimico francese, datata 1845. Le testimonianze di impiego come pigmento nell’arte pittorica in senso stretto, sono piuttosto scarse e tutte datate tra 1860 e il 1870. Si esclude inoltre che si tratti di un trattamento a base di idrossido di bario, impiegato anche nel passato, poi abbandonato, di nuovo riproposto dal Prof. S.Z.Lewin e brevettato negli Stati Uniti nel 1971.
d) Si trova poi la crosta nera costituita da gesso, particellato atmosferico contenente ossidi di ferro, particelle siliciche, particelle carboniose, sali ecc.; lo sviluppo della crosta, si differenzia a seconda dell’ubicazione del prelievo, in zone protette può assumere un aspetto dendritico, in zone più esposte è
più sottile, nelle zone soggette a ruscellamento superficiale o a forte dilavamento, è assente.
Per quanto riguarda la parte inferiore sono stati prelevati in campioni ZORZ 5, ZORZ 7, ZORZ 8, scelti in prossimità della monofora ed in particolare dalle cornici delle specchiature sulle quali si rinvenivano tracce di policromia. Sono stati analizzati mediante microscopia ottica e SEM.
Un fatto significativo riscontrato durante il sopralluogo manifestatosi sulla pietra annerita, è dato da un’inconsueta presenza di goccioline d’acqua molto ravvicinate a coprire la superficie quasi fosse fortemente idrorepellente. La sequenza stratigrafica relativa al campione ZORZ 5, prelevato da una cornice di colore rosso cupo è la seguente: alla base pietra d’Istria; segue una pellicola di trattamento di colore bruno scuro, per l’ossidazione, con aspetto traslucido, caratterizzata da microfessurazioni con andamento sub-parallelo alla superficie e costituita da ossalati calcio; segue una crosta nera costituita da gesso, particellato atmosferico e probabilmente ossalati di calcio. Dal punto di vista morfologico è del tutto analogo allo strato più interno solo più intensamente degradato. Potrebbe trattarsi della porzione più esterna del trattamento, probabilmente di un’epoca un po’ più recente, maggiormente soggetta agli agenti atmosferici. Segue un livello a carbonato di calcio, ocra rossa, terre brune, nero carbone e gesso di neoformazione. In superficie un sottile livello di crosta e deposito. Per i campioni ZORZ 7 e ZORZ 8, la sequenza stratigrafica è del tutto simile, però manca lo strato di colore ad ocra rossa.
Per confermare il dato relativo agli ossalati, è stata effettuata l’analisi mediante FTIR sul campione ZORZ 6 prelevato dalla stessa zona del campione ZORZ 5. Anche in questo caso la presenza di ossalati di calcio è ampiamente confermata. Per quanto riguarda l’indagine mediante gascromatografia abbinata alla spettrometria di massa effettuata sui campioni ZORZ 4, ZORZ 5, ZORZ 7, ZORZ 8, ZORZ 9, mirata ad identificarel’origine degli ossalati, non è risultata significativa per nessuno dei campioni (ne è stataeffettuata anche una in più). Non si riscontra alcun picco riconducibile ad acidi grassi (oli), aminoacidi (colla o uovo), resine naturali, però il dato oggettivo è che il trattamento c’è e gli ossalati pure.
Dato che il trattamento presenta un tipo di stesura, di ossidazione e di fessurazione del tutto uguale ad analoghi trattamenti effettuati su pietra d’Istria in Venezia in cui è stata rinvenuta la presenza di olio di lino e di ossalati di calcio coesistenti ad indicare un processo di trasformazione in corso, l’ipotesi più plausibile è che in questo caso l’olio si sia completamente trasformato in ossalati. Ciò si può in parte spiegare con tempi di esposizione lunghi (trattamento piuttosto antico) e con le condizioni sfavorevoli riscontrate ancora oggi a causa della massiccia presenza di acqua sulle superfici anche quelle verticali sulle quali le gocce persistono senza colare; l’acqua può aver accelerato questo processo di trasformazione agendo come catalizzatore dei processi ossidativi. E’ stato poi analizzato il campione ZORZ 9, proveniente dal tondo tamponato con policromia rossa, rivolto verso la salizada San Severo, in cui si trova la pietra di base, a granulometria più grossolana con presenza di bioclasti, un livello ad ossalati, la scialbatura rossa a base di carbonato
di calcio ocra rossa, terre brune ed occasionalmente aggregati di colore rosso intenso ad ocra rossa e bianco di bario; in superficie del deposito o crosta nera a gesso. Anche in questo campione non è stat rilevata alcuna traccia di olio od altra sostanza organica.
Tutti i campioni delle stratigrafie sono stati osservati mediante luce ultravioletta per evidenziare eventuali fluorescenze imputabili ad un trattamento oppure un legante organico, non si è ottenuto alcun risultato. Si ricorda che l’olio presenta una spiccata fluorescenza, gli ossalati generati dalla sua trasformazione
perdono questa caratteristica. Per quanto riguarda la presenza di non trascurabili quantità di silicio, in particolare nel campione ZORZ 4, non si esclude che si tratti di una traccia di un trattamento più recente a base di silicati, ma la casistica a disposizione non è sufficiente per affermarlo con certezza. Per esempio nel campione ZORZ 9, il silicio è presente, ma tende a concentrarsi in individui silicatici presenti nella crosta.
Dosson di Casier, 30.11.2000
PROSPETTO A – CANALE DI S. SEVERO – Particolare dello stato di conservazione
prima dell’intervento di restauro.
Particolari dei barbacani del canale di gronda prima dell’intervento di restauro – Stato attuale di conservazione. Pietra d’Istria di base – Pellicola a base di ossalati di calcio – Tracce di scialbature a carbonato di calcio – Ossidi di ferro – Bianco di bario e gesso di neoformazione. Vari test di pulitura sulle incrostazioni – Realizzati con l’utilizzo di carbonato di ammonio ed edta supportato da polpa di carta – Rifinitura con apparecchio aeroabrasivo nei dettagli. |
Particolare dello stato conservativo attuale della facciata lato canale di San Severo prima dell’intervento di restauro area del mezzanino. |
Le superfici sono invase da vegetazione ben radicata e da crosta a gesso, ossidi di ferro, particellato atmosferico, pellicola di ossalati, livello di deposito di particellato atmosferico. |
Allegati:
Relazione tecnico tipologica